Lo zio di Ciro: il Napolista si faccia promotore di un dibattito serio, assieme ai romanisti che desiderano il gemellaggio.

piazza ciro

Erri De Luca nella bella prefazione a “Ciro Esposito. Ragazzo di Scampia” scrive: «Per uno di Napoli andare a Roma è un’emozione strana. Succede solo con Roma. In qualunque altra città d’Italia si va e basta, senza termini di paragone in testa, perché ci si sente speciali, noi di Napoli. Ma Roma è un cancello misterioso, Roma tiene, contiene. È stata centro di civiltà e madre di lingua latina diramata per il mondo, sede di edifici eterni come il Colosseo e San Pietro. È patria di cinema. Roma mette un poco soggezione a un giovane di noialtri che ci va, ma pure rianima l’orgoglio di venire da un luogo nostro altrettanto leggendario. La passione per il gioco del calcio, l’attaccamento a una squadra permette a un ragazzo di cominciare a uscire dal recinto conosciuto, dare un’occhiata in gita, che si chiama, con un po’ di fierezza: trasferta».
 Quando ero adolescente, Roma aveva la stessa aurea, ci si andava in viaggio di nozze in seicento, meta o tappa per Firenze e per i più agiati per Venezia. Dal dopoguerra in poi è stata l’enclave di una moltitudine di napoletani, scrittori, attori, musicisti e giornalisti, tra i tanti I ragazzi di Montediddio e la banda Arbore passando per Patron Griffi, l’indimenticato Antonio Ghirelli, Nino D’Angelo, Daniele Sanzone, passando per la curva Ruotolo e tanti altri.

piazza ciroAlla vigilia di Napoli-Roma, il Napolista ospita un articolo di Vincenzo Esposito, lo zio di Ciro, il giovane ucciso per mano di Daniele De Santis che gli sparò la sera del 3 maggio, giorno della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina.

Ha ragione Daniele De Rossi, la gran parte dei tifosi della Roma non c’entra nulla con l’agguato terroristico a un autobus di donne e bambini che ha portato alla morte di Ciro Esposito.

Il riformista tLa sfida posta dalla globalizzazione, ha reso obsoleti gli strumenti e le strategie socialdemocratiche classiche, ha svuotato il compromesso socialdemocratico e messo in crisi il welfare state.
 La globalizzazione ha messo in crisi e modificato radicalmente la struttura delle società europee, il rapporto tra stato e mercato e il ruolo stesso degli stati nazionali. 
Il socialismo libertario deve andare oltre il Novecento, elaborare nuovi paradigmi e nuove visioni della società e rilanciare l’utopia federalista europea come risposta alla crisi degli stati nazionali per governare la modernità, globalizzare i diritti e le libertà, governare i processi di innovazione.

Dobbiamo riprogettare la nostra identità: costruire una nuova idea di socialismo, elaborare un progetto riformatore della società, costruire opzioni programmatiche chiare, recuperando i valori fondanti della sinistra – la valorizzazione dei meriti, il soddisfacimento dei bisogni e la creazione di pari opportunità di partenza – aggiornando la prassi e le scelte operative.

e poi ci troveremo come le star
a bere del whisky al Roxy bar
o forse non c'incontreremo mai
ognuno a rincorrere i suoi guai
ognuno col suo viaggio
ognuno diverso
e ognuno in fondo perso
[…]

Vasco Rossi, Vita spericolata 

Oggi si conclude una magnifica avventura iniziata nel 1978. In quell’anno, ero un giovane studente militante di Democrazia Proletaria e tra gli animatori del Collettivo Politico di Economia e Commercio, morì mio padre, dovetti interrompere gli studi e trovarmi un lavoro.
Insieme a un gruppo di amici, Peppe Zollo, Rosalba Aponte, Mario Raffa, Michele Biondo, Alfonso Marino, Antonio Memoli e Leopoldo Tartaglia, ero tra i fondatori del Centro Raniero Panzieri e, all’indomani della morte di mio padre, trovai, quindi, del tutto naturale, come "operaista", entrare in fabbrica come operaio.