Superfici, confini, standard preconfezionati per definire una “area metropolitana” sono sufficienti a rappresentarne la complessità e l’ambiguità? Perché non sforzarci a definire un “sistema” capace di rispondere nella maniera più sufficiente possibile ad una domanda di sviluppo più equilibrato e diffuso?

L’idea di area metropolitana non è cosa semplice. D’altra parte la stessa cultura urbanistica ne discute da decenni senza trovare una risposta adeguata o perlomeno sufficientemente "formata”.
Riteniamo sostanzialmente errato parlare di “area”, siamo convinti che ciò porta sistematicamente ad un’idea di “superficie”, di “confini”, di “standard preconfezionati e chiari”.

Non è così. Crediamo sia più giusto definire la questione in termini di “sistema”. È vero che ciò prefigura soprattutto una ambiguità di fondo, ma, in realtà, è proprio di questo che si tratta. Chi inserisce in questa articolazione la questione dei cosiddetti “standard urbanistici” atti a definire un area introduce elementi non neutri rispetto ad un dibattito che negli anni è diventato anche politico e, dunque, ideologico. La definizione di “sistema urbano metropolitano” definisce, partendo proprio dalla sua genericità ed ambiguità, tutta la complessità del fenomeno urbano di questi anni.
Figlio degenere di un più complesso ed articolato sistema urbano regionale, rappresenta in sè la contraddizione di uno sviluppo non equilibrato del territorio, calamita di vasti interessi, grandi investimenti, molteplici contraddizioni. È, per dirla alla Italo Calvino, quel fenomeno che porta a scoprire caratteristiche che definiscono una città come metropoli e, al contrario, di individuare in essa una serie di altre caratteristiche che portano alla negazione di metropoli.
Dunque sistema, senza confini apparenti – nè geografici, nè politici – con una ricchezza ed una difficoltà impliciti. Ma, allora, quali sono i parametri cui riferirsi per identificare un “sistema metropolitano”?
In realtà, non volendo ricorrere al sistema degli standard – per altro differenti da paese a paese – non è cosa semplice nè può bastare una classe demografica ampia a giustificare una scelta. Di recente si è convenuto di identificare quali “parametri idonei” i cosiddetti servizi rari o superiori quei servizi cioè che forniscono un ruolo dimensionale più vasto al luogo urbano fino ad una scala addirittura internazionale, pensiamo a Rotterdam ed a Marsiglia che con il porto sono punto di riferimento rispettivamente per l'Europa continentale e per l'area del Mediterraneo. Da ciò si è già compreso che il porto rappresenta uno di quei servizi rari a cui possiamo aggiungere gli aeroporti, gli ospedali specializzati, le" autostrade, ecc.
Così si classificano come “sistemi urbani metropolitani” importanti nodi di comunicazione quali Milano, Parigi, Londra o, ancora, importanti sedi ospedaliere specializzate nella cardiochirurgia quali Houston, Boston, Johannesburg o, ancora, importanti sedi di direzione finanziaria come Francoforte, Torino, Tokyo, New York o importanti sedi di direzione politica quali Bruxelles, Mosca, Washington. Ciò basta per dimostrare come la classe demografica non rappresenti un parametro, infatti considerando l’elenco proposto ad esempio sòttolineamo la contemporanea presenza di due casi limite : Tokyo, con i suoi circa dodici milioni di abitanti e Washington con i suoi settecentocinquantamila.

[ pubblicato in Giovanni De Falco, Vincenzo Esposito, a cura di, Sindacato e area metropolitana, Meta Edizioni, Roma, 1991. ]

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