Ai giovani direi: pensate alla politica che è un pezzo decisivo nella vita delle persone,
ma non è tutto.
Allora pensate anche ad altro, e soprattutto pensate agli altri.
Pensare agli altri è già una prospettiva di vita
.

Vittorio Foa

De Santo sLa frase di Vittorio Foa, comune Maestro, rappresenta simbolicamente la vita di Giovanni. Giovanni ha sempre pensato alla politica come strumento di emancipazione del­le persone; ha anche pensato ad altro, la famiglia e la sua grande passione, il calcio, quello giocato e quello insegnato; infine ha sempre pensato agli altri, in particolare alla crescita dei giovani.
Ho conosciuto Giovanni che ero un ragazzino, frequentavo la Parrocchia e muovevo i primi passi in politica, mi intrigava la fugace parabola del Movimento Poli­tico dei Lavoratori e mi ritrovai a vivere l’esperienza dei Cristiani per il Socialismo. Mi sembrò naturale seguire quelli che, insieme alla sinistra del Psiup, diedero vita al Pdup. Ero affascinato dall’idea di proseguire l’impegno nel sociale e nel movimento degli studenti medi dandogli una dimensione politica e aderii entusiasta al nuovo partito.

Affiancai la militanza politica alla ricerca e allo studio, insieme a un gruppo di amici, Rosalba Aponte, Michele Biondo, Alfonso Marino, Antonio Memoli, Ma­­rio Raffa, Peppe Zollo, demmo vita al Centro Ra­­nie­ro Panzieri, in via Eurialo a Bagnoli. Con il Centro en­­trammo in contatto con un gruppo di operai che facevano riferimento alla Nuova Sinistra di varie fabbriche, iniziò così la nostra frequentazione.
A Giovanni mi ha legato un lungo rapporto di amicizia e condivisione politica che è durato tutta la vita. Ho frequentato la sua famiglia, la moglie e i figli, abbiamo condiviso la militanza in Demo­crazia Proletaria e, dopo la crisi della Nuova Sinistra, dato vita, insieme a tanti compagni all’esperienza della Terza componente della Cgil.
Bagnoli ha rappresentato una parte importante della sua vita, l’altra, oltre alla famiglia, è stato il calcio. Per lui Bagnoli è stato il luogo della sua alfabetizzazione culturale e sociale.
Giovanni era un socialista perché coniugava sempre una rigorosa tensione al cambiamento dei rapporti sociali, all’epoca dicevamo alla fuoriuscita dal capitalismo, con un sano pragmatismo che lo portava sempre a individuare il punto di caduta utile per consolidare un miglioramento e spostare in avanti le contraddizioni.
Giovanni con rigore rivoluzionario, teneva insieme pensiero e azione, studio e pratica riformista. La tensione rivoluzionaria si coniugava sempre con la consapevolezza che, nel frattempo, bisognava cambiare la condizione materiale dei lavoratori dentro e fuori la fabbrica, bisognava sedersi al tavolo delle trattative e portare a casa il risultato.
Giovanni era un Maestro, pensava che un buon dirigente politico e sindacale si giudica dai quadri che lascia dietro di sé, aveva un approccio inclusivo e pedagogico, cercava un rapporto con i giovani perché era sulle loro gambe che doveva crescere il movimento.
Giovanni, sulla scia dell’insegnamento di Vittorio Foa, era os­­sessionato dall’unità dei lavoratori, come tut­ti quelli della sua generazione, come emerge con nettezza dai suoi ricordi, aveva vissuto sulla sua pelle i costi della divisione.
Il ricordo di Giovanni degli anni del cantiere, così era chiamata l’Ilva di Bagnoli dai lavoratori, è un documento importante, perché testimonia il contributo straordinario che quella realtà ha dato alla tenuta e alla crescita democratica della città di Napoli.
L’impegno sindacale di Giovanni nella sua Fiom, si collocava in un contesto teorico più ampio, la grande cultura dell’autonomia politica del movimento dei lavoratori, che fondava la sua origine nell’idea luxemburghiana della classe che si emancipa da sé.
Agrillo, Chegai, Ciccarelli, Delle Donne, De Santo, No­cerino, Bennato, erano tutti dentro la cultura politica di Lelio Basso, Vittorio Foa, Elio Giovannini, Tonino Let­tieri, Bruno Trentin, Renato Lattes, quella dell’autonomia intesa come capacità propria dei lavoratori di organizzarsi e di lottare per migliorare la propria vita.
L’incontro tra la cultura dell’autonomia socialista e quella dei cristiano sociali di Pierre Carniti, Cesare Del­piano, Raffaele Morese, Giovanni Avonto, Alberto Tri­dente e Franco Bentivogli darà vita all’esperienza dei Con­sigli e della Flm insieme alla Uilm di Giorgio Benvenuto.
Nelle pagine di Giovanni ritroviamo il grande dibattito sul rapporto tra partito e movimento e sull’autonomia del movimento sindacale come soggetto politico unitario e quello sul superamento della concezione della cinghia di trasmissione tra partito e sindacato che lo vedrà impegnato nella Flm e nella Terza componente della Cgil.
La vita di Giovanni De Santo è stata una grande lezione politica e umana di educazione al socialismo, socialismo inteso come una società di diversamente eguali che lottano per la libertà dell’umanità.
Le memorie di Giovanni De Santo sono un esempio e un insegnamento per le giovani generazioni.
L’esperienza di Giovanni al cantiere ci ricorda che «pensare agli altri è già una prospettiva di vita», perché il mon­do è guasto e compito della politica è provare a ripararlo per le generazioni future.

[tratto da: Giovanni De Santo, Io ricordo…, Libreria Dante & Descartes, 2018]

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