Sembra significativo che, nella discussione da tempo aperta sui destini dell’area napoletana – a partire dal contributo critico dato, nel 1976, dal n. 65 dalla rivista dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, “Urbanistica”, interamente dedicato a Napoli – per la prima volta una Giunta comunale offre al confronto un documento di indirizzi che non presenta le caratteristiche dello “strumento” vincolante, della “Variante generale al Piano Regolatore Generale (PRG).” o, peggio, del ridisegno complessivo della città affidato ai palazzinari ed offerto alla città, in una denuncia sullo stato dell’urbanistica cittadina fu adottata la definizione di urbanistica dei promotori1.

In premessa all’analisi di merito del documento va ribadita la determinante differenza tra questo atto amministrativo del governo locale e quelli dei governi precedenti perché molti osservatori, condizionati dalle precedenti nefaste esperienze, continuano impropriamente a riferirsi agli indirizzi delia Giunta definendoli, di volta in volta “Piano”, “Preliminare di piano” o “Nuovo Piano Regolatore”.
Quasi che non fossero in grado di sottrarsi a una moda ineffabile, un gioco di pennarelli e colori che finiva inevitabilmente per tradursi in cemento anche quando proponeva, apparentemente, risanamento ambientale e verde. Perfino le acque si tramutavano, novello miracolo napoletano, in ondate di cemento.
Per non parlare poi degli interventi capaci di creare sviluppo e occupazione, sventolati come unica possibilità residua, per questa città, di vivere un contesto moderno, internazionale, scientifico o, se volete, fantascientifico affidati ai vari progetti2 di costituzione dei “Parchi Scientifici e Tecnologici” (PST), definizione che si riferisce ad una possibilità integrativa internazionalmente ritenuta impossibile ma che – sempre per via miracolosa – in Italia riusciva a tradursi non solo in termini di sapienza (quanti dotti, illustri e magnifici scienziati e ricercatori hanno sostenuto questa aberrazione) ma soprattutto si riusciva a transustanziare la scienza in edilizia ed i “contenuti scientifici e tecnologici” in men che volgari contenitori3 ovvero in incubatori… di cemento.
Leggere semplicisticamente questo documento come ulteriore tentativo di apertura alla via della speculazione, come da qualche parte si sostiene, appare una inutile forzatura che non rende giustizia a chi, per impegno politico e per cultura, si è battuto contro la speculazione e lo scempio urbanistico di questa città. Certamente alla lettura di qualche passo qualcuno avrà temuto altre sottili e subdole manovre speculative, altri ancora avranno pensato ad una riproposizione di antichi progetti mai sopiti.
Ad una prima lettura del documento abbiamo riscontrato una sottile ma non piccola analogia: gli indirizzi di questo documento, per grandi linee, sono affini agli indirizzi per lo sviluppo di questa città che l’Osservatorio Napoli offriva alla discussione politica confederale e di categoria della Cgil con un documento di analisi e proposta sul territorio che prendeva spunto dalla “colonizzazione della città e delle aree dismesse e di recupero”4 e dall’esperienza di studio sull’area provinciale di Napoli come area metropolitana5 per lo sviluppo e l’integrazione dei servizi e della produzione per la qualità della vita.
L’Ires Campania produsse, su proposta della segreteria camerale, un documento sull’area metropolitana affine agli orientamenti fatti propri dalla Giunta Polese e osteggiato dall’Osservatorio Napoli che formulò obiezioni di metodo (mancanza di funzioni per le aree) e di merito (accrescimento dei pesi volumetrici). Fece eccezione la Fiom, con la quale iniziò, con un convegno, un profiquo confronto che continua tuttora sull’influenza che la “qualità” del territorio ha sulle politiche della produzione6, e l’Amministrazione Provinciale di Napoli che trovò interessante l’ipotesi di lavoro dell’Osservatorio di suddivisione in cinque aree omogenee7 dell’area provinciale in contraddittorio con le sette individuate dal Comitato Tecnico Scientifico provinciale, giudicate, poi, numerose, eccessivamente articolate e politiche.
Gli indirizzi di pianificazione urbanistica – che, per semplificare, indicheremo come “documento De Lucia” – partono proprio dalla necessità di inquadrare in un ambito metropolitano lo sviluppo di Napoli, affermando l’esigenza di una piena attuazione della legge 142/90 “riforma delle Autonomie Locali”.
La possibilità di risolvere a livello metropolitano, appunto, le questioni di assetto di alcuni servizi – i trasporti, la sanità, il governo delle risorse energetiche e di quelle ambientali – comporterebbe significative economie di scala nonché maggiore funzionalità e qualità nella erogazione dei servizi stessi.
Per questi motivi, va apprezzata positivamente la scelta del Comune di promuovere, indipendentemente dalle possibili e necessarie azioni regionali, un tavolo permanente dei sindaci dei comuni dell’hinterland immediatamente influenzati dagli assetti dell’area urbana della città. Questa iniziativa rappresenta uno stimolo per le forze sociali ad assumere il ruolo di agenti di pressione sui governi regionale e centrale riprendendo una discussione sull’istituzione dell’Area Metropolitana che, al nostro interno – ma anche al nostro intorno – si è consumata su una sfida di competenze e di poteri.
L’Osservatorio Napoli da tempo sostiene che la qualità del territorio assume un ruolo determinante nelle possibilità insediative e la disponibilità di reti di servizio predetermina le condizioni ideali e reali di accoglienza e di sviluppo8, questa tesi si ritrova nella filosofia del documento De Lucia.
In sintonia con questo orientamento, il professore Pasquale Coppola, docente di Geografia economica e pro Rettore dell’Istituto Universitario Orientale, intervenendo in un recente seminario di studi per quadri sindacali9 ha provocatoriamente affermato che se il sindacato sarà capace di discutere di un campo da golf come occasione di sviluppo produttivo, di occupazione e di rilancio della qualità della vita avrà compiuto una rivoluzione copernicana che lo porterà certamente al centro dell’attenzione del mondo scientifico e dentro il dibattito sullo sviluppo territoriale dell’area metropolitana.
Una provocazione certamente forte che ha trovato puntuale riscontro nei limiti delle discussioni in atto.
La provocazione del professore Coppola ci consente di aprire un nuovo itinerario nel documento De Lucia: sulle scelte di indirizzo urbanistico sul territorio.
Per correttezza verso il lettore, va ricordato il giudizio positivo, già espresso, sui prìncipi generali che sottendono al documento nonché sulla possibilità di discussione offerta, ma nel merito delle opzioni, indirizzi e funzioni, di volta in volta individuate c’è molto da discutere.
Per comodità di ragionamento, sarà riproposto l’articolato del documento De Lucia differenziando, nell’esposizione, le problematiche per tipo metodologico di approccio: rispetto alla salvaguardia ed al recupero ambientale, riqualificazione e riconversione delle zone ad occidente ed oriente della città con il rilancio del porto, sul recupero e conservazione del Centro Storico, sulla riqualificazione delle periferie e sulla manutenzione ordinaria del manufatto città, sui servizi a scala urbana.

1. Salvaguardia e recupero ambientale.

Questo capitolo, così come d’altra parte veniva affrontato dall’Osservatorio Napoli10, è strettamente connesso con il recupero delle aree dismesse attraverso un’opera di bonifica e risanamento e la loro prevalente destinazione a parchi. Va osservato che negli indirizzi, alla pari dei grandi interventi, sono considerate di fondamentale importanza tutte le aree verdi esistenti, anche le più piccole, in una politica di raccordo e di fruizione. Appare utile ricordare ancora la possibilità di un governo metropolitano sul sistema dei parchi – pensiamo al sistema occidentale, per esempio: Ischia, costa Domizia, Astroni, o quello del sistema Nord: Camaldoli, Capodimonte, Miano – che contribuisca alla definizione di una politica ambientale che concorra a elevare gli standards di vivibilità e qualità del territorio. In tal senso va considerato il complesso sistema di raccolta, smaltimento, trattamento e riuso dei rifiuti11 o di gestione a scala certamente superiore delle fonti energetiche: acqua12 ed elettricità.
Appare debole l’approccio sul recupero della costa che, necessariamente, deve fare i conti con un sistema ecologico marino fortemente compromesso. Recuperare la costa e impedire, di fatto, il rapporto col mare appare paradossale.
Il piano per il disinquinamento del golfo, incompleto, inefficace ed inefficiente, figlio della vecchia politica di intervento per le opere pubbliche, costituisce, ad oggi, un ostacolo insormontabile così che perdurando questo stato, tra gli inquinamenti naturali ed industriali compresi tra la foce del Sarno e l’impianto di Cuma (inquinante), il disinquinamento del golfo resta un problema da affrontare e non da dimenticare.

2. Riqualificazione e riconversione delle zone ad occidente ed oriente con il recupero del porto.

L’area occidentale è tra le questioni più spinose e complesse nella discussione generale e non certamente per la presenza dell’impianto per il golf o per vecchie pretese di insediamento di Casinò. Quest’area rappresenta forse uno dei luoghi più belli, uno scenario che seppur non confortato dalle sinuose curve del Monte Somma è certamente incomparabile, racchiuso tra il promontorio di Miseno e la collina di Posillipo e, come sottolineato nel documento del 1991 “non si può non tener conto dell’unità morfologica, tipologica, sociale e culturale dei luoghi”13.
Permane una preoccupazione che il documento De Lucia non fuga: il rilancio delle vocazioni turistiche di qualità ed una destinazione a servizi congressuali qualificati non sembrano compatibili con strutture alberghiere di grandi dimensioni.
Non è quindi in discussione il campo da golf, o per lo meno ciò che esso rappresenta ma la differenza tra dotazioni di “qualità” e le quantità indifferenziate su cui gli indirizzi non sciolgono in modo chiaro le perplessità da più parti avanzate.
Per rifuggire questo rischio può ritornare utile una ipotesi dell’Osservatorio Napoli14: ristrutturazione funzionale ed ambientale della Mostra d’Oltremare con la realizzazione di un Centro Congressi presso il Teatro Mediterraneo, oramai utilizzato soltanto saltuariamente e, prevalentemente, proprio per funzioni congressuali, destinando l’uso dell’area a funzioni di raccordo tra ricerca (Politecnico, Monte S. Angelo, Centro Nazionale Ricerche di Arco Felice, Istituto Motori), divulgazione (Fondazione IDIS), esposizione e diffusione del sapere (Centro produzione RAI).
L’area di Bagnoli può rappresentare una stazione ideale di partenza per un ipotetico itinerario turistico - artistico - culturale. In tal senso potrebbe suggerirsi un recupero e riuso degli involucri industriali (p.e. l’ex treno a nastri Ilva) con caratteristiche metodologiche simili ai grandi interventi per la spettacolarizzazione e la diffusione della cultura (Centre Pompidou a Parigi, Lingotto a Torino). Un sistema secondario su ferro potrebbe realizzare un anello di collegamento dell’intera area raccordandosi con i sistemi principali di mobilità (Metropolitana, Cumana e Circumflegrea)15.
Per l’area orientale gli indirizzi prevedono la permanenza e l’insediamento di piccole e medie imprese con processi produttivi compatibili con l’ambiente e la realizzazione di un grande parco a verde per la città metropolitana, il recupero del rapporto terra - mare (di cui abbiamo già detto in altra parte del documento). Si riconfermano vecchie scelte, anche sindacali: il progetto Tecnonapoli16 promosso dalla Filcea, per esempio, corrispondeva alla proposta dell’Osservatorio Napoli di distretto tecnoproduttivo avanzato17, una sorta di grande parco per la produzione e la ricerca. Resta necessaria la realizzazione di un anello su ferro di collegamento interno all’area. Anche il recupero ad un uso più cittadino dell’area portuale è convincente, lo è meno l’individuazione di funzioni affidabili al porto. In tal senso andrebbero valutate l’incidenza e la funzionalità commerciale del porto di Napoli in rapporto con l’intero sistema portuale regionale: si scoprirebbero funzioni ed impegni commerciali-portuali assai diversi da quelli individuati tranne, naturalmente, che per le funzioni di collegamento con le isole del golfo.

3. Recupero e conservazione del centro storico.

È importante la riconferma dei confini imposti dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici al Comune di Napoli per il PRG del 1972. Ciò fuga ogni possibile dubbio, se mai qualcuno lo avesse, sulla bontà dell’operazione di recupero e salvaguardia. L’indirizzo di recupero funzionale appare però debole, forse denota un approccio timido o, forse, è piuttosto pervaso di una sana e realistica prudenza.
È utile ricordare che sulla questione Centro Storico l’esperienza e il lavoro di analisi intrapreso da studiosi ed università promosso dalla Camera del Lavoro di Napoli e lo stesso lavoro di elaborazione dell’Osservatorio18, cronologicamente più recente, è di notevole importanza tanto da essere ripresi in un progetto d’intervento del Ministero per i Beni Culturali19. Le ipotesi di intervento conservativo e di restauro sul tessuto abitativo del Centro Storico fanno riferimento ad esperienze e metodologie già consolidate ed a suo tempo richiamate ad esempio per un corretto intervento dall’Osservatorio Napoli20.
L’aspetto più innovativo delle proposte operative avanzate appare l’abbattimento dell’edificio scolastico (nato originariamente come struttura ospedaliera) di Piazza Cavour e dei residui Padiglioni del I Policlinico che insistono sull’area dell’Acropoli dell’antica Neapolis.
Indubbiamente la possibilità di rioffrire alla città la sua vecchia Acropoli con la realizzazione del Parco Archeologico e l’apertura di questo con un contatto più diretto e visibile, su Piazza Cavour, è opera meritoria e da lodare. Sarebbe stata opportuna una maggiore attenzione, un maggior approfondimento, sul riassetto di un’area che racchiude in sè le maggiori ricchezze culturali ed artistiche della città.
L’ipotesi di lavoro prospettata dall’Osservatorio prevedeva un vasto coinvolgimento di Istituzioni, Enti e Associazioni.
Riteniamo utile alla filosofia del ragionamento riproporla brevemente in questa sede.
Uno dei maggiori problemi nell’area del Centro Storico è rappresentato dallo stato di profondo disagio della condizione giovanile sia rispetto alla notevole percentuale di evasione scolastica sia rispetto alla disoccupazione o al lavoro precario e “nero”. Qualsiasi intervento sul Centro Storico dovrà tener conto di ciò e allora uno dei ruoli fondamentali per il recupero e il risanamento sociale lo assume la scuola, l’università e la formazione. In questo senso esse non dovranno più apparire come involucri estranei alla condizione dei luoghi ma partecipare della vita del quartiere come soggetti attivi21.
Molti edifici scolastici residenti nel Centro Storico mancano di essenziali attrezzature e servizi (in questo senso la partecipazione è soddisfatta), così come mancano al territorio: potrebbero realizzarsi allora, in alcuni edifici abbandonati, una serie di laboratori che al mattino servano la scuola e nel pomeriggio, o in orario serale, servano il quartiere in modo finalizzato. Per esempio, un laboratorio informatico potrebbe essere collegato all’insegnamento artistico (graphic design), ma anche alla catalogazione del patrimonio locale realizzata dagli stessi abitanti.
O ancora, i bassi, recuperati, potrebbero trasformarsi in aule-bottega per la formazione artigiana ed artistica dove il manufatto prodotto è vendibile o esponibile in una sorta di museo diffuso. Gli stessi Musei potrebbero trovare una logica prosecuzione della loro funzione sul territorio.
Se pur non manchi coraggio nella proposta di abbattimento del grande edificio di Piazza Cavour non si comprende poi perché non si prosegue su questa azione di alleggerimento edilizio sul Centro Storico operando drastici interventi sulle superfetazioni che rappresentano le più vistose manomissioni del tessuto urbano, non visibili all’apparenza perché svoltesi in senso verticale. E che dire dell’altra e di gran lunga più pesante manomissione avvenuta nel tessuto edilizio che riguarda la trasformazione della destinazione d’uso degli immobili?
Quanti immobili classificati A2 (civile abitazione) nella realtà sono destinati ad attività produttive come molti primi piani degli edifici di via Duomo, adibiti a deposito per i sottostanti locali commerciali?
Quanti, in realtà, sono adibiti a strutture di supporto per attività professionali e di servizio?

 4. Riqualificazione delle periferie e manutenzione ordinaria del “manufatto città”.

Le periferie cittadine hanno nel tempo assunto il ruolo di cuscinetto tra il degrado urbano della provincia e il degrado urbano del centro città.
Condizione di incontro tra due diverse condizioni di degrado che si sono sommate in queste aree: da una parte, la compressione esterna alla ricerca di una migliore condizione di vicinanza ad una serie di servizi allocati essenzialmente nel centro cittadino; dall’altra, un desiderio di fuga dal caos della città e la volontà di risolvere il grande problema della casa.
In tale contesto le periferie sono cresciute, nella totale ignoranza degli elementi minimi di servizio al cittadino, nella negazione di luogo civile, con la sola funzione di dimora e dormitorio.
Il problema, dunque, risiede nella capacità di ricreare rapporti di coesistenza tra spazio urbano e utenza che ne usufruisce22. Il deficit strutturale rispetto agli standard minimi definiti per legge è spaventoso, tocca il 90 e, a volte, il 100%. Basti pensare al Distretto scolastico di Secondigliano e Scampia dove l’istruzione superiore era, fino allo scorso anno, assente23.
Si potrebbe continuare così per il verde, le attrezzature sportive, la sanità, i parcheggi.
In generale l’individuazione dei vuoti o delle fratture urbane, che interrompono la continuità del costruito periferico, in un territorio omogeneo ed a forte caratterizzazione, potrebbe destinarsi alla realizzazione di quei servizi che possano incidere, dal punto di vista formale e funzionale, sulla riconfigurazione di luogo civile24.
Allo stesso modo, il recupero a valori urbani di grande dignità che l’occasione del Summit del G7 ha reso possibili, almeno per alcune parti della città, ha dimostrato alcune cose molto significative: in primo luogo, è possibile lavorare sulla città quando il cittadino è pienamente consapevole, e quindi informato e partecipe, sugli obiettivi ed i benefici che potrà ottenere da quel particolare intervento; in secondo luogo, a dimostrazione di quanto un certo modo di fare politica e gestire il governo della città fosse incancrenito, l’intervento sulla città può essere realizzato con il massimo contenimento della spesa ottenendo risultati strabilianti ed eccezionali.
Basti pensare che, nel complesso, la risistemazione di alcuni importanti luoghi cittadini per il G7 ha avuto un costo pari al 40% di un invisibile ed inservibile chilometro di Linea Tranviaria Rapida (LTR).
“lo ho un sogno” diceva Martin Luter King, ebbene tanti napoletani hanno avuto un sogno: quanta Napoli si sarebbe potuta recuperare con i miliardi spesi per la sola risistemazione di Piazzale Tecchio, la copertura dello stadio San Paolo e dell’inutile tratto della LTR?

5. I servizi a scala urbana.

Dovendo discutere di miglioramento funzionale del luogo urbano, di un recupero di qualità dell’organismo urbano non si può trascurare l’importanza dei servizi che una città offre per il benessere dei propri abitanti. La mobilità rappresenta un capitolo molto importante.
Nel complesso le indicazioni contenute nel documento De Lucia sono plausibili e sostenibili.
In particolare è più che convincente, naturalmente rispetto alle funzioni individuate per l’area occidentale, lo spostamento alla stazione di Campi Flegrei del collegamento ferroviario con l’aeroporto internazionale di Fiumicino.
Se il sistema pubblico funziona allora si potranno realizzare combinazioni di sistemi all’interno dei quali il moto pedonale ha, se non la priorità, almeno una posizione alla pari con quella veicolare25. I punti di interscambio dovrebbero divenire luoghi di partecipazione creando interdipendenze tra i sistemi tecnologici e quelli sociali, le cui priorità mutevoli riflettano e regolino le componenti tecnologiche con caratteristiche e funzioni costanti.
Tra gli aspetti che il documento De Lucia trascura vi sono quelli della gestione operativa dei sistemi.
Se è vero che la scala comunale è ridotta in una logica di ottimizzazione del servizio, preferendosi, naturalmente, una scala metropolitana, è anche vero che la gestione dell’azienda comunale dei trasporti pubblici, ci riferiamo all’Atan, è talmente fallimentare che bisognerebbe riflettere seriamente sulle possibilità effettive di risanamento che da più parti viene invocato.
Restiamo convinti che il risanamento di una azienda come l’Atan non possa che passare attraverso una sua liquidazione ed una rifondazione sulla scorta di ingresso di nuovi soci con competenze specifiche (Ferrovie dello Stato, comuni ed altri), funzionalità più ampie, orientamenti manageriali nuovi, organizzazione del servizio su bacini nei quali si integrino servizi pubblici e privati su percorsi funzionali.
Se i trasporti sono la componente essenziale della mobilità, queste ricava maggiori benefici dall’equilibrata distribuzione delle funzioni urbane sul territorio. Tra i maggiori problemi che Napoli presenta rispetto a questa particolare condizione ne affrontiamo brevemente due: la concentrazione territoriale della direzionalità istituzionale ed amministrativa (cittadina, provinciale e regionale), la concentrazione territoriale dei servizi sanitari superiori.
In entrambi i casi vanno valutate con attenzione le possibili soluzioni di riallocazione di alcune strutture e dei necessari processi di delocalizzazione.
La direzionalità istituzionale può essere risolte sulla base del modello della capitale reticolare26, allo stesso modo si potrebbe tentare di riorganizzare il sistema sanitario su scala regionale, in particolare ci riferiamo alla possibile organizzazione territoriale delle specializzazioni ospedaliere, ivi incluse le funzioni ospedaliere delle “Facoltà di Medicina” e della costituzione di un arco funzionale dì servizi finalizzato all’eliminazione della mobilità inutile determinata dalla indifferenza funzionale del servizio ospedaliero, che accoglie sia la banalità sanitaria che l’emergenza per trasformarsi a volte in cronicari, per questo, la rete ospedaliera urbana andrebbe ridisegnata per funzioni e bacini27.

Conclusioni.

La possibilità offerte dal documento De Lucia, nel senso, affermato all’inizio, di urbanistica partecipata piuttosto che imposta, è una favorevole occasione per chiunque intenda discutere seriamente sui destini di questa città e proporre soluzioni per la sua fruizione e valorizzazione.
Le proposte avanzate, l’analisi e l’approccio metodologico dell’Osservatorio Napoli hanno trovato un autorevole riferimento scientifico nonché una civile lezione di impegno tecnico ed ideale nelle pagine di un antico numero, il 65, della rivista “Urbanistica” curata nella sua stesura da due intellettuali che hanno segnato profondamente la nuova cultura urbanistica napoletana, seguita e costruita con passione da pochi giovani e pochi tecnici.
Ai due illustri curatori, Vezio De Lucia ed Antonio Iannello, va il ringraziamento dell’altraNapoli, non solo per quel numero speciale di “Urbanistica” dedicato alla nostra città ma anche, e soprattutto, per non aver mai tradito quello spirito e quei giovani che ad essi avevano guardato nella costruzione del loro impegno civile.
Nelle traversie di questi anni in cui il malaffare e l’urbanistica dei promotori e dei corrotti hanno viaggiato di pari passo l’altra Napoli, quella dell’impegno civile dei Marotta, dell’associazionismo culturale e ambientalista, della Fondazione Napoli ‘99, dell’Assise cittadina, ha resistito e realizzato una ferma opposizioni alle versioni vecchie e nuove delle “mani sulla città”, anche grazie alla puntuale e precisa denuncia e all’esempio di rigore e passione civile che hanno offerto e saputo infondere a quei tecnici fuori dagli schemi che non si sono lasciati affascinare da facili guadagni e dalle diffuse politiche pattizie che pur scorrevano tra opposte fazioni.
L’impegno civile profuso nelle analisi, la lenta revisione effettuata della nostra categoria di “progresso” sono iniziati dal lento sfogliar di pagine di quella rivista, dalla visione di quelle stupende fotografie della Bagnoli preindustriale e della collina di Posillipo d’epoca pre-laurina. Dalla visione, oramai surreale, di quei territori è nata la convinzione di un recupero fondamentalmente ambientalista della città.
Si discuteva da tempo sull’ipotesi di impostare un recupero dell’area cittadina in termini di delocalizzazione di funzioni e di alleggerimento urbano, verso un’area più ampia, provinciale o metropolitana che fosse, ma gli strumenti di attuazione e di sostegno, per una siffatta ipotesi, non erano disponibili.
La legge 142 del 1990 offrì un nuovo ambito di discussione ma, inizialmente, questa servì soltanto alle mire espansionistiche di vari partiti, correnti, onorevoli e ministri.
Nella città, lo scontro tra culture e tra i difensori degli “interessi pubblici” e quelli di ben più sostanziosi interessi materiali è avvenuto, in modo trasversale, sulle nuove linee di intervento urbanistico presentate con un supposto respiro metropolitano, in verità, introvabile anche al più paziente ed attento lettore.
Il cavallo di Troia della moderna speculazione ad Oriente ed Occidente si è ammantata di innovazione tecnologica e tutela dell’ambiente accrescendo, in realtà, le volumetrie e le destinazioni d’uso, passando, per questa via, ad una inedita speculazione edilizia: l’uso intensivo del territorio in vece di quello estensivo.
La convinzione con la quale abbiamo perseguito e proposto una ipotesi possibile di disegno metropolitano dello sviluppo si è fondata sulla necessità di una costruzione di reti, di vaporizzazione di indirizzi funzionali e distribuzione di servizi.
In questo caso il documento De Lucia denuncia un limite oggettivo, che qualsiasi documento, o peggio piano, che volesse risolvere la questione urbana in scala ridotta avrebbe comunque denunciato: l’impossibile collegamento con realtà amministrative e decisionali diverse da quelle comunali resta il problema prioritario da affrontare e risolvere.
De Lucia, consapevole di questa condizione, prende atto di questo stato di fatto proponendo un ragionamento più ampio vincolato, però, da scelte troppo mirate ad una condizione di “disagio” fin troppo evidente e limitata nelle condizioni dei perimetri comunali.
Tutti gli sforzi progettuali andranno attentamente valutati e, sulle note di indirizzo, crediamo utile che la giunta agli incontri mirati con tutti i soggetti disponibili ad una fase partecipativa, magari anche critica, ma costruttiva per i più complessi meccanismi di funzionamento e sviluppo del territorio in quanto componente fondamentale di una specifica formazione economico-sociale. Lo sforzo amministrativo per il superamento dell’intervento straordinario, infine, impone scelte coraggiose sia per gli aspetti organizzativi sia per il reperimento di risorse finanziarie per la riorganizzazione delle forme ordinarie di intervento. Per questo motivo l’attenzione deve oltrepassare i confini dell’industria, della città e dell’urbanesimo per misurarsi con i modi della conquista del mercato delle merci, del capitale e del lavoro, con i processi di costruzione delle dipendenze economico-territoriali, altrimenti limitate da visioni ridotte dei fenomeni, ricondotte, comunque, al controllo dell’Ente pubblico evitando, così, ogni possibile speculazione, garantendo il pieno rispetto delle regole.

Giovanni De Falco e Vincenzo Esposito, “Note e commenti sugli Indirizzi di pianificazione urbanistica, in 1799, Quaderni di utopie, critiche, miti e simboli, luglio 1994, Napoli. 

Note


1 Osservatorio Napoli, Tierra, tierra… la colonizzazione della città e delle aree dismesse e di recupero, gennaio 1992. [torna]

2 In un primo tempo i piani furono due: il primo, presentato a cura dell'Unione Industriali di Napoli con la società Innovare era riferito all'area Bagnoli ex Ilva; il secondo, proposto dalla Camera di Commercio di Napoli si riferiva all'area orientale. Per superare il problema della doppia proposta i piani furono abbandonati e i loro proponenti, con l'ingresso di nuovi soggetti, tra i quali l'Università, formarono un unico consorzio, Technapoli, controllato per il 51% dalla Camera di Commercio, ed una proposta riferita alla sola area occidentale, accolta dal Comitato Tecnico Scientifico del Comune di Napoli nella “Variante generale al PRG”. [torna]  

3  Documento del Dipartimento Territorio della Camera del Lavoro di Napoli e dell’Osservatorio Napoli, ottobre 1991. Questo passo del documento è stato ripreso e pubblicato, in nota, in “Bruno Discepolo, La via napoletana all’urbanistica, Lacaita editore, Bari, 1992.[torna]

4 Tierra, tierra… cit., Documento distribuito in occasione della Conferenza di Programma della Camera del Lavoro di Napoli, marzo 1992, Teatrino di corte, Palazzo Reale, Napoli. [torna]

5 Camera del Lavoro Napoli, CeDoRF Fiom Cgil Campania, Napoli e l’area metropolitana, Materiale per la Conferenza di organizzazione, novembre 1989, Mostra d’Oltremare, Napoli. [torna]

6 Fiom Cgil Napoli e Campania, Sindacato ed Area Metropolitana, atti del seminario, Meta edizioni, marzo 1991; Fiom Napoli - Osservatorio Napoli , Il Mezzogiorno: dalle politiche industriali ai sistemi locali, 28 giugno 1994, Borsa Merci, Napoli, atti in via di pubblicazione. [torna]

7 Le aree e la metodologia proposta hanno trovato conferma in due studi: "Territorio e industria in provincia di Napoli" e "La struttura produttiva del Mezzogiorno" pubblicati rispettivamente nei nn 8/1991 e 12/1992 della rivista dell'Unioncamere "La congiuntura economica in Campania”. [torna]

8 Vedi: Giovanni De Falco, “Per una formazione alla qualità della vita e della forma urbana “, in Terziario, Politiche urbane, Ambiente, atti del seminario Cgil, Piani Resinelli, 26/27 giugno 1990, Progetto Obiettivo, n. 4, Ediesse, “Politiche regionali, area metropolitana e distretti”, in seminario, Fiom Cgil - Osservatorio Napoli, cit.; Vincenzo Esposito, “Per una città più umana. Analisi e proposte della Camera del Lavoro di Napoli, in seminario, Politiche urbane, atti del seminario Cgil, Progetto Obiettivo, n. 3, Ediesse, “Le risorse e le politiche per la qualificazione dei sistemi locali”, in seminario, Fiom Cgil - Osservatorio Napoli, cit..[torna]

9 Pasquale Coppola, “Il Sistema Mezzogiorno e il ruolo di Napoli”, intervento al Seminario di Fiom Napoli e ON Osservatorio Napoli , Il Mezzogiorno: dalle politiche industriali ai sistemi locali, 28 giugno 1994, Borsa Merci, Napoli. [torna]

10 Tierra, tierracit[torna]

11 Questo problema fu oggetto di un Protocollo di Intesa tra l’Assessorato all’Ambiente della Provincia di Napoli e Cgil - Cisl - Uil di Napoli. [torna]

12 Su questi temi l’Osservatorio Napoli operò una ricerca in collaborazione con la Fnle Cgil di Napoli e la struttura sindacale di base dell’Aman presentata in conferenza stampa nel giugno 1991. [torna]

13 Tierra, tierracit[torna]

14 Tierra, tierra… cit. [torna]

15 Su questo tema l’Osservatorio Napoli affrontò una riflessione con il Soprintendente ai Beni Archeologici, Prof. Stefano De Caro, che si pronunciò a favore di un sistema di collegamento “leggero” delle aree archeologiche Flegree, da Bagnoli a Cuma. [torna]      

16 Filcea Cgil Napoli - Camera del Lavoro Napoli - Università Federico II (Facoltà di Architettura) di Napoli, Tecnonapoli: nuove forme di sviluppo e ridisegno urbano, Portofranco-Lacaita editore, 1991. [torna]

17 Tierra, tierracit[torna]

18 Su questo argomento vedasi: Questioni relative al recupero del Centro Storico di Napoli, a cura del DAEST di Venezia e Camera del Lavoro di Napoli, 1986; Lineamenti generali per l’intervento nel Centro Storico di Napoli, a cura della Facoltà di Architettura di Napoli e della Camera del Lavoro di Napoli, coordinatore Prof. Attilio Belli, 1988; in concomitanza con la presentazione del progetto della Società Studi Centro Storico, “Il regno del possibile”, la Camera del Lavoro di Napoli e l’Osservatorio lanciarono l’iniziativa “Il futuro ha 3000 anni”, un approccio metodologico teso al rispetto dell’area ed alla sua piena valorizzazione. Gli atti del seminario sono raccolti in un numero speciale di Cgil Informa, “Per un progetto di recupero del Centro Antico di Napoli”; intervento al seminario nazionale Cgil “Terziario, Politiche urbane, Ambiente”, Piani Resinelli, 26/17 giugno 1990, in “Progetto Obiettivo, n. 4, Cgil - Ediesse”. Su questo tema l’Osservatorio organizzò un incontro con tutte le associazioni ambientaliste napoletane alle quali, oltre ai lineamenti progettuali sull’area storica, fu sottoposto il progetto per la realizzazione dell’isola pedonale Castel Nuovo - Piazza Plebiscito. Il progetto, riassunto in un efficace manifesto, fu regalato alla città di Napoli e al suo legale rappresentante, l’allora sindaco on. Pietro Lezzi. Illustrarono questo progetto Il Mattino ed Il Giornale di Napoli nell’edizione del 7 novembre 1989. [torna]

19 Nelle “Note metodologiche per il progetto di recupero del Centro Storico di Napoli”, a cura della Soprintendenza di collegamento della Campania e Basilicata, Prof. Giuseppe Proietti, Roma 1993, le ricerche vengono testualmente indicate, così come viene pubblicamente riconosciuto l’impegno di analisi e proposta della Camera del Lavoro di Napoli. [torna]

20 Per un progetto di recupero del Centro Antico di Napoli, cit[torna]

21 In tal senso andava una proposta presentata dall’Osservatorio Napoli al convegno “Scuola e Territorio’’ organizzato dalla Cgil Scuola, Vico Equense, giugno 1992. Il tema fu ancora sviluppato nel corso di un intervento al convegno “Istruzione artistica e Centro Storico” promosso dalla Cgil Scuola Campania con le Soprintendenze, Sala del Consiglio, Provincia di Napoli, S. Maria la Nova, maggio 1993. [torna]

22 Tierra, tierra… cit[torna]

23  Su questo argomento si cimentò una ricerca di Proteo Campania con un contributo di Osservatorio Napoli: STAR, Scuola, Territorio, Ambiente, Risorse. Ricerca sullo stato della scuola media di secondo grado nell’area metropolitana di Napoli. [torna]

24 Appare interessante, a tal proposito, l’esperienza di ricerca e progetto avanzato dagli studenti della Facoltà di Architettura di Napoli, coordinati dall’Arch. Prof. Donatella Mazzoleni, sull’area della 167 di Secondigliano e recentemente esposta nei locali della Circoscrizione. [torna]

25  “Vivibilità urbana e trasporti in Campania e a Napoli”. Intervento al Seminario Nazionale Cgil, Terziario, “Politiche urbane, Ambiente”, in Progetto Obiettivo n. 4, Ediesse. Su questo tema si veda anche l’interessante ricerca a cura dell'Arch. Prof. Aldo Capasso, "Camminare e vedere", Camera di Commercio di Napoli. [torna]

26 Il modello della “capitale reticolare” è uno studio della Fondazione Agnelli, è stato pubblicato nel periodico “XXI Secolo” edito dalla Fondazione stessa. [torna]

27 Tierra, tierracit.  [torna]

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