pres Ce tIl libro di Esposito è un viaggio attraverso millenni di storia, alla scoperta dell’arte bianca, che per un numero cospicuo di decenni ha rappresentato nella nostra regione il punto più alto da cui incamminarsi verso il mondo.
Innumerevoli sono i dati, i dettagli, i nomi e le citazioni inserite dall’autore: eppure non è un libro di economia industriale.
Il viaggio accompagna il lettore lungo una rete di intrecci inaspettati caratterizzandosi per l’aiuto alla comprensione di quel sottile filo che lega famiglia, società alimentazione e cultura. Eppure non è un libro di storia.
L’autore ci porta per mano alla scoperta dei fatti che hanno offerto l’opportunità al comparto della pasta della nostra regione di assurgere ai massimi livelli per qualità ed originalità e di come scelte sedicenti di politica economica ed industriale dei governi liberali prima e del fascismo poi ne abbiano determinato il crollo. Eppure non è un libro di politica.
Il racconto che si dipana pagina dopo pagina è una intelligente narrazione, che purtroppo ha esempi simili nel nostro paese. 
Quando gli imprenditori si sentono protetti dal proprio primato e sottovalutano la funzione primaria della ricerca e dell’innovazione sono rivolti a cadere rovinosamente.

g de falco pMi rigiro tra le mani il bel libro “La civiltà della pasta. Storie di maccaroni e maccaronari” curato da Enzo Esposito, un amico, quasi un fratello. Per la prima volta rilegato, corretto, verificato e stampato. Ma il libro lo conoscevo già, sono alla terza o quarta lettura solo che le precedenti o sono avvenute on line o su fotocopie. Questo per volere di Enzo che a pochi amici fidati (siamo tutti ricordati e ringraziati nel libro) ha chiesto di leggerlo (in modo carbonaio) per parlarne insieme, ricevere osservazioni ed eventuali correzioni (ma solo tipografiche).
Il volume non è uguale a quello che ci ritrovammo inizialmente tra le mani, ma l’edizione a stampa richiede le sue regole. Tuttavia, nonostante i tagli (si perché l’edizione carbonaia era molto più ampia) il libro resta di una certa «consistenza editoriale».
Enzo ricostruisce “storie”, evoluzioni di una industria molitoria e pastaia che quasi non esiste più, basta guardare la ricca iconografia per ritrovare nomi e “premiate ditte” e “Real fornitori” che oramai appartengono alla storia di chissà chi, di chissà quando, di chissà cosa e di chissà dove.
Il meccanismo è quello dell’antologia, Enzo ha ricercato, ha letto, ha scartato ed ha acquisito una notevole mole di scritti letterari, articoli, leggende… facendone quasi un romanzo.

m riccio pIn questo libro Vincenzo Esposito ricostruisce la storia dell’industria della pasta, nata in piccole aziende che poi hanno assunto dimensioni più grandi sino a diventare delle vere proprie industrie, come quella di Gragnano. Nel libro Vincenzo ci parla di tre grandi città come per l’appunto Gragnano, Torre Annunziata ed Amalfi. 
È un libro che parla di tradizione, di artigianato, di lavoro, di sapienza, di usi e consuetudini di un popolo che nasce mangiafoglie e diventa mangiamaccaroni.
Vincenzo Esposito in questo libro e, in particolare, nel suo saggio che precede l’antologia, ci presenta figure, mestieri, strumenti conferendogli, nella minuziosità delle descrizioni, una certa sacralità:
- la figura poetica e mitologica del Capopastaio, “un po‘ meteorologo e un po’ indovino” secondo cui “la pasta si fabbrica con lo scirocco e si asciuga con la tramontana”;
- lo strumento del cosiddetto Ingegno, ovvero il Torchio spinto a braccia, che sconvolge ad un certo punto la produzione manuale;
- lo schianaturo, dove le donne stendevano la pasta a sfoglia per lavorarla;
- la forchetta che diventa a quattro punte e più piccola appositamente per consentire ai Borbone di mangiare gli spaghetti a corte.
In questo libro che attraversa la storia della pasta, Vincenzo Esposito è capace di rendere poesia anche il semplice impasto fatto di semola di frumento e acqua.