antonio la trippa tAll’indomani delle elezioni è iniziata la solita interpretazione dei voti in cui nes­suno dichiara di aver perso e tutti affermano di aver vinto. La cosa che colpisce di più in questo clima è la subalternità dei partiti, e dei loro leader, ai temi e alle interpretazioni delle forze mediatiche che spesso si configurano come dei veri e propri giornali-partito portatori di proprie linee politiche a cui piegano l’interpretazione della realtà e l’affermano come “la real­tà”. L’obiettivo di questa breve nota – che chiudo in data 4 giugno – è di offrire un terreno comune, i dati nudi e crudi, a quanti sono affezionati al destino della sinistra.


I dati presentati sono quelli ufficiali del Ministero dell’Interno e quelli dell’ufficio elettorale comunale per i dati su elettori iscritti e votanti a Napoli. Nell’interpretazione e presentazione dei dati si possono utilizzare due metodo­logie. 
Quella comunemente usata e foriera di errori per l’analisi del rapporto tra i partiti e il corpo elettorale è l’analisi delle percentuali riportate da essi sull’insieme dei voti validi.
Questo metodo fotografa i rapporti relativi tra i par­titi e le coalizioni, è utile per misurare la loro forza rappresentativa nelle istitu­zioni ma non dice nulla sui rapporti tra questi e la società. Il secondo metodo, qui proposto, analizza i rapporti tra i partiti e il proprio cor­po elettorale consentendo di cogliere i mutamenti di rapporti di forza nella so­cietà.

Stabilire chi ha vinto e chi ha perso a partire dai numeri può aiutarci, forse, se ne abbiamo voglia, a ricostruire come sinistra una presenza, non effimera, nella società. Abbiamo scelto di non analizzare i dati nazionali e di soffermarci sulla Cam­pania, Napoli e Salerno. 
Successivamente, raccogliendo in modo organico i dati, l’Ires Campania pre­senterà un’analisi più dettagliata per le tre macro aree nazionali. In Campania al Senato, in termini di voto assoluto, la coalizione dell’Ulivo tiene (-9.333 voti), nell’assegnazione dei Senatori passa da 18 (16 dell’Ulivo più 2 dei Progressisti) a 13 (12 Ulivo e 1 Rifondazione). Considerando la Lista Di Pietro affine al centro-sinistra vi è un saldo positivo di 87.225 voti che do­vrebbero far riflettere sul fatto che, forse, questo movimento “giustizialista”, pesca nell’elettorato di centrodestra. Il dato della Camera è più articolato e conferma l’analisi di Mannahimer e Dia­manti sull’invecchiamento del voto nell’area del centrosinistra.
Il dato che emerge è che la coalizione di centrodestra mantiene sostanzial­mente inalterata la sua forza elettorale (+17.054 voti all’uninominale e +19.833 l’insieme dei partiti, rispetto al 1996), l’Ulivo perde 149. 604 voti all’uni­nominale rispetto al 1996 e i partiti della coalizione hanno un saldo negativo di 257.832 voti rispetto alla precedente tornata.
Aumenta, per l’Ulivo, la diffe­renza di voti tra uninominale e proporzionale (+85.380 nel 1996, +193.608 nel 2001), permane, per il centrodestra una differenza negativa tra l’appeal al proporzionale rispetto all’uninominale (-185.529 voti nel 1996 all’uninominale rispetto ai partiti e -188. 308 nel 2001). Per il centro-sinistra, oltre all’ipotesi più volte avanzata dal duo Rutelli Veltroni sul valore aggiunto, andrebbe considerata anche l’ipotesi che si tratta di un voto contro Berlusconi piuttosto che per la coalizione.
Nel centrodestra, al proporzionale, Forza Italia ha un forte incremento sia ri­spetto alla tornata precedente (+344.152) sia rispetto alle Europee (+431.890) alle politiche recupera tutti i voti persi da CCD-CDU e AN e registra un saldo positivo di 19. 833 al netto della loro flessione. La Margherita, che ha una delle sue roccaforti in Campania, al proporzionale mantiene sostanzialmente inalterata la forza dei singoli partiti rispetto alla pre­cedente tornata (+5.584) e perde rispetto alle Europee, dove si presentavano per la prima volta i Democratici, ben 211.209 voti.

Il dato più preoccupante per il centro-sinistra è la perdita secca di 13.558 voti del Girasole (-9,9%) e mancano all’appello ben 177.302 elettori dei Demo­cratici di Sinistra che recuperano 101. 393 voti sulle Europee dove avevano raggiunto il peggior risultato storico dal PCI ai DS. Al dato negativo dei DS va aggiunto quello di Rifondazione Comunista che regi­stra, tra il 1996 e il 2001, un dato negativo di 137.507 voti a cui, pur aggiun­gendo i 64.951 voti dei Comunisti Italiani, mancano ancora all’appello 72.556 voti.
A Napoli il centro-sinistra ha impostato tutta la propria campagna elettorale sulla continuità tra la passata esperienza amministrativa e l’elezione del nuovo sindaco. Pertanto i risultati elettorali sono anche un indicatore significativo del giudizio dei napoletani sulla nostra esperienza di governo locale. Bassolino fu eletto sindaco di Napoli con 495.175 voti pari al 46,3% degli e­lettori e il 73% dei votanti con un tasso di assenteismo del 36,5%, i Demo­cratici di Sinistra raccolsero 164.343 voti registrando rispetto alla tornata pre­cedente una perdita secca di 40.000 voti, i partiti che hanno dato vita alla Margherita raccolsero nel complesso 66.826 voti, la coalizione 314.666 voti con una percentuale del 36% del corpo elettorale e del 56, 6% dei votanti. La Iervolino ha raccolto 262.818 voti con una differenza su Bassolino di 142.357 voti, la coalizione ha ricevuto 209.716 preferenze con una perdita di 104.950 voti, i Democratici di Sinistra perdono per strada altri 69.159 elettori, i Verdi hanno un incremento di 1.409 voti e le forze della Margherita, presenta-tesi separatamente, perdono 9. 000 voti. Gli astenuti sono diminuiti rispetto al 1996 di 48.271 elettori. Al secondo turno la lervolino aumenta i propri voti di 15.365 elettori. Martu­sciello passa da 246.089 a 247.564 con un saldo positivo di appena 1.475 voti. A chi sono andati i 12.789 voti di Ferrara? La pura aritmetica propende­rebbe a favore della lervolino. A conferma del ragionamento qui proposto è utile un confronto tra le due coali­zioni nelle due tornate elettorali. Bassolino, nel 1997, ha avuto 264.625 pre­ferenze in più di Novi che ha raccolto appena 4.891 voti in più dei partiti che lo appoggiavano. Martusciello con una distanza di appena 16.729 voti da Iervoli­no registra rispetto a Novi un incremento di 105.539 preferenze.
La coalizione di centro-sinistra ha un decremento rispetto al 1997 di 209.716 voti a fronte di un incremento di 92.403 voti della Casa della Libertà. La differenza tra le due coalizioni era di 179.007 voti a favore del centro-sinistra nel 1997 e diventa di 18.346 a favore del centrodestra nel 2001.
La pura e cruda analisi dei voti non è esaustiva degli andamenti elettoralí, bi­sognerebbe analizzare la mobilità del voto tra i partiti e tra questi e l’astensio­nismo, pur tuttavia alcune considerazioni si possono esprimere. Dall’analisi dei voti emerge un consolidamento forte di Forza Italia sia nel confronti degli altri partiti del centrodestra, a cui toglie quote consistenti di voti, sia nel confronti del corpo elettorale, aumentando voti in tutte e tre le competizioni. Persiste u­na difficoltà della Casa della Libertà ad individuare candidature che siano al­meno in grado di essere votate dagli elettori delle singole forze della propria coalizione.
Un discorso più approfondito merita la tendenziale riduzione a forza residuale della sinistra. Nella stabilizzazione, ad oggi, di un trend negativo concorrono, a mio avviso, diversi fattori che andranno analizzati approfonditamente, Mezzogiorno Europa potrebbe farsene promotore, in un dibattito plurale che non rimuova le cause della sconfitta. I DS hanno avuto una grande mobilità, come hanno documentato apposite ri­cerche, del proprio corpo elettorale a cui si è accompagnato un forte ricambio degli iscritti e a cui non si è mai accompagnato un ricambio dei gruppi dirigenti che realizzano una mobilità interna solo al vecchio ceto politico di provenienza comunista.
Se si osserva la dinamica dei gruppi dirigenti cinquantenni, qua­rantenni e trentenni, essi provengono esclusivamente dal Pci o dalla Fgci-Sinistra Giovanile, di cui erano già dirigenti. Non c’è stato ricambio nelle rappresentanze, abbiamo a sinistra una nuova figura di Senatore a vita, quelli candidati in deroga, non ci sono più luoghi, ad esclusione delle correnti, di se­lezione del personale politico. Il partito personale che a Napoli ha avuto una importante incarnazione, ha sedimentato forti guasti nella visibilità e riconosci­bilità di un progetto politico. Infine il partito dei Democratici di Sinistra, ha ricondotto a fittizia unione due linee politiche divaricanti (simbolicamente rappresentate da D’Alema e Veltro­ni) che hanno mortificato l’apertura vera di una discussione sui principi e i va­lori di un moderno partito socialista e hanno favorito l’emergere di una pratica di selezione che ha assunto la fedeltà al gruppo come parametro della selezio­ne delle élite di governo del partito. Una parte consistente dei DS ha letto la fi­ne del comunismo come fine delta sinistra teorizzando partiti all’americana, ri­spetto ai quali i Democratici di Sinistra erano una forma transitoria. 
I Democratici di Sinistra hanno davanti un nodo politico e programmatico irri­solto: quale partito del socialismo democratico per governare un processo di modernizzazione dell’Italia? E di converso: si può modernizzare, da sinistra, l’Italia senza la consistente presenza di una forza socialista?

Hic rodus, hic salta.

[Mezzogiorno Europa Anno II n. 3, maggio-giugno 2001]

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