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La recensione di Pietro Treccagnoli, l’Arcinapoletano, a La civiltà della pasta

La pasta è un alimento, un’industria e una civiltà. Ma è anche letteratura, musa ispiratrice e non solo per sazietà. Napoli e la sua provincia sono tra le capitali, se non la capitale dei maccheroni, o per dirla con più schiettezza e appropriatezza dei maccaroni. Parola che ha più sapore. La pasta, in tutti i suoi formati, ha una storia millenaria alla quale Vincenzo Esposito, ricercatore, sindacalista e grande cultore della materia masticabile, ha voluto dedicare una rassegna che ha tutte le carte in regola per diventare il primo mattone per un monumento da erigere al piatto, al primo piatto, che con la pizza tiene alta la bandiera della gastronomia meridionale e ha conquistato gran parte del mondo. “La civiltà della pasta” (questo è il titolo del volume edito da Dante & Descartes, pagg. 306, € 22) è un’ampia ricostruzione, a più voci e ben cucinata, del cibo più plasmabile della tavola occidentale, che sembra maritarsi al meglio con tutto quando fa cultura alimentare.

Esposito da autentico appassionato, con la sua articolata e documentata introduzione alla vasta raccolta di scritti che presenta nel volume, ricostruisce la storia della pasta seguendone i percorsi attraverso i millenni e i continenti con una capacità di penetrazione senza ostacoli. Ma analizza, pure, con precisione filologica, l’evoluzione delle tecniche industriali che dalla lavorazione a mano è passata a una meccanizzazione sempre più spinta. Da buon conoscitore dei processi produttivi e dei rapporti di lavoro, Esposito non trascura l’impatto che la trasformazione della civiltà della pasta da artigianato a industria ha avuto sulle comunità e sulla ricchezza di interi paesi come ad esempio Gragnano e Torre Annunziata, epicentri per secoli della produzione dei maccaroni. Anche Claudio Novelli (nella sua prefazione) e Giuseppe Zollo (nella sua postfazione) affrontano con acuti argomenti questo viaggio nel tempo che riempie la pancia. Però, il condimento più gustoso del volume è l’ampia offerta di brani antologici dalla natura e dal carattere più ampio. Sono brani storici, altri tecnici, pura letteratura incantamento davanti alle fumanti delizie della tavola. E sono cucinati da penne (quelle intinte nell’inchiostro e non nel pomodoro) straordinarie. Si comincia con Maria Orsini Natale che con “Francesca e Nunziata” ha raccontato l’epopea della pasta alle pendici del Vesuvio e si va avanti con Domenico Rea, Matilde Serao, Giuseppe Prezzolini (che analizzò il rapporto degli americani con i maccheroni), Filippo Tommaso Marinetti (nemico futurista della pasta, ma che dovette ricredersi a furia di forchetatte) e via via si procede con Giuseppe Marotta, Giovanni Artieri, Mario Stefanile, Alberto Coniglio per finire con Riccardo Pazzaglia e Erri De Luca.
Il rapido elenco non rende il piacere di un pranzo di infinite portare tutto a base di pasta che Esposito ha saputo allestire da autentico gourmet della pasta e della parola. E una sfilata di piaceri che si accompagna con testi più tecnici o storici di Alessandro Betocchi, Fedele Venturini, Renato Rovetta, Emilio Sereni e tanti altri. Proprio quest’ultimo analizza lo speciale passaggio dei napoletani da mangiafoglie a mangiapasta, snodo cruciale che da grandi intenditori di verdure (il pignato maritato era la celebrazione più alta di questa sapienza mangereccia) ci trasformò in raffinati cultori dell’infinita serie di trasformazioni del grano duro in (e nell’elenco inseguiamo l’apoteosi barocca di Rea) “spaghetti, vermicelli, vermicelloni, bucatini, linguine, mafaldine, tripolini, candele, ziti, zitoni, mezzani, mezzanelli, perciatelli, rigatoni, fasce, occhi di lupo, cannolicchi, ditali e ditalini, crestine, gemelli e tortiglioni” da sposare chi con il ragù chi non tutti i commestibili pesci elencati nella canzone del Guarracino, ma anche con quanto la terra offre e riconsegna la tavola all’antico legame con le foglie.
Completa il profumato viaggio una ricca proposta di immagini d’epoca e di marchi che nel tempo hanno fatto venire l’acquolina in bocca e fanno della “Civiltà della pasta” un testo irrinunciabile per gli appassionati di storia e di cultura napoletana, ma della Napoli che parla al mondo attraverso le forme del piacere.

Pietro Treccagnoli

[© photo Ferdinando Kaiser]

Venerdì 2 Giugno 2017 
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Il Mattino/Blog/L’Arcinapoletano

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